Considerazioni del nostro Dipartimento Amministrativo

S.U.M.: RINNOVO DEL CONTRATTO (SCADUTO ORMAI DA PIÙ DI DUE ANNI). LA STASI ESTIVA E’ IMBARAZZANTE. PUBBLICHIAMO POI ALCUNE CONSIDERAZIONI DI CARATTERE GENERALE DEL NOSTRO DIPARTIMENTO AMMINISTRATIVO.

Il rinnovo del contratto di lavoro è oramai un atto, che di fatto rappresenta una procedura consolidata dei Governi che si avvicendano, volta al cd “gioco delle tre carte”.

Infatti, il Governo di turno, ad un anno circa dal rinnovo contrattuale, attua delle misure che consentono al personale di vedersi attribuire dei miglioramenti in busta paga provenienti da “bonus”, generando false aspettative tra i dipendenti. Ovviamente il tutto usualmente avviene in coincidenza di impegni elettorali per ricercare il facile consenso.

A rinnovo avvenuto queste iniezioni di liquidità sottoforma di bonus, puntualmente, per magia, spariscono come del resto anche tutti i miglioramenti economici condizionati da fasce di reddito o da scaglioni di stipendi lordi che nelle dinamiche attuative riassorbono gli stessi benefici.

Nell’azione fruttuosa governativa “#con una mano do’, e con due prendo”, il Governo spesso pubblicizza e pubblica attraverso media, o social network, delle roboanti campagne comunicative capaci di far passare miglioramenti miseri in busta paga in faraonici aumenti stipendiali per il personale in uniforme, mettendo in cattiva luce lo stesso agli occhi clinici dei cittadini italiani.

Aumenti che per come dicevamo prima in gran parte vengono riassorbiti dalla cancellazione dei predetti bonus/agevolazioni o resi vani dall’inflazione.

Iniziamo col dire che il rinnovo del contratto dovrebbe avvenire con tempistiche completamente diverse a quanto veramente accade.

Invece, da oltre un decennio, vengono stanziate delle (scarse) risorse per il rinnovo contrattuale con oltre due anni di ritardo rispetto alla scadenza naturale.

Tali ritardi rimarcano ancora di più lo scarso valore del rinnovo stesso, aumentando la forbice del potere di acquisto dello stipendio il tutto a discapito delle famiglie che di fatto sono sempre più in difficoltà costrette a fronteggiare oltre che le spese di routine familiare, anche le ingenti spese di trasporto per raggiungere il luogo di lavoro.

Ma esistono dei dipendenti pubblici privilegiati che anche se il loro contratto è scaduto da anni gli aumenti previsti sono di tutto rispetto. Di chi parliamo? Parliamo di profili dirigenziali e non di Palazzo Chigi che vantano retribuzioni lorde medie rispettivamente di 238.881 euro e 121.771 euro l’anno secondo la rendicontazione sul 2022 della Ragioneria generale dello Stato. L’aumento previsto, dovrebbe essere del 3,78%, circa 900 euro lordi per 13 mensilità per la prima fascia e 351 per la seconda. Nelle nicchie del privilegio non si risentono i morsi famelici dell’inflazione.

Vediamo però un po’ di concretizzare.

Tante le proposte ovviamente presentate in sede di contrattazione dalle sigle sindacali ognuno per la propria tipologia di personale associato, ma di fatto solo una è, a nostro avviso, una prima soluzione ideale per tutti, da perseguire.

Innanzitutto, gli aumenti devono essere in linea con il costo della vita, solo così si avrà un ritorno economico che rimetterà in moto tutto il sistema.

Nello specifico quindi:

✳️ aumentare la voce stipendio, oltre che aumentare l’indennità integrativa Speciale (ferma oramai da tantissimi anni);

❇️ Rideterminare il calcolo dell’impiego operativo prevedendo oltre che la rivisitatizione delle tabelle, anche lo sfondamento della percentuale di trascinamento ferma al 50% (disposizione attagliata al regime retributivo non più esistente), adeguando finalmente le dinamiche di calcolo al regime contributivo che interessa tutto il personale.

❎ Assoggettare tutto il personale del comparto difesa e sicurezza non più alle maggiorazioni applicate in fase di calcolo delle addizionali regionali e comunali, bensì a una percentuale nazionale prevista in fase di legge di bilancio oltre che ad una maggiorazione in percentuale uguale per tutti dello 0,50% a prescindere dalla residenza del dipendente. Questo consentirebbe di sanare delle sperequazioni fiscali create dalle diverse situazioni sul territorio nazionale, consentendo di unificare i parametri di calcolo della ritenuta in busta in maniera uguale per tutti, cancellando di fatto differenze anche di centinaia di euro.

✳️ Prevedere la possibilità di recuperare le spese di trasporto per tutto il personale come già accade con le aziende private che oltre al carburante recuperano le spese per l’acquisto delle auto.

Alcuni degli interventi citati, vista la particolare congiuntura economica non favorevole, li riteniamo ineludibili, anche per favorevoli ricadute in termini pensionistici.

Aumentare per esempio la voce “stipendio” significa ottenere diversi miglioramenti non soltanto di liquidità nel periodo di servizio cd attivo, bensì anche pensionistico oltre che dedicato al TFS, quest’ultimo, tra tutti, già oggetto di discussioni in fatto di tempistiche e percentuali di liquidazione.

Il rinnovo del contratto dovrebbe avere come obiettivo oltre che l’adeguamento dello stipendio al caro vita anche il miglioramento economico con riflesso sulla pensione.

Come? Per esempio dando ulteriore concretezza a quanto stabilito dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165, in vigore a far data dal 1° gennaio 1998, che prevede espressamente che, per il personale militare, gli aumenti del periodo di servizio svolto, ai fini pensionistici, con percezione dell’indennità di impiego operativo siano concessi nel limite massimo complessivo di cinque anni.

Con il regime retributivo, aumentare gli anni utili alla pensione si tramuta in un vero e proprio regalo visto che la pensione non veniva calcolata sulla base dei contributi versati ma sulla base dell’ultimo stipendio, era quasi ininfluente visto che la pensione non veniva calcolata sulla base dei contributi versati ma sull’ultimo stipendio o comunque i migliori anni di stipendio a reddito all’atto dell’uscita dal servizio attivo.

Pertanto, per il personale cd “retributivo” l’importanza dei 5 anni di bonus 165 era il “diritto” e non la misura del benefit, come avviene oggi per il regime contributivo.

Bene a tal proposito sarebbe opportuno indubbiamente individuare un valore da attribuire ai 5 anni di maggiorazione proprio per evitare di abbattere “l’immobile pensionistico” e quindi l’assegno pensionistico.

Queste sono, a nostro avviso alcune delle misure da attuare per dare concretezza alla specificità del comparto sicurezza , difesa e soccorso e non i palliativi proposti per esempio con il DL 1530 che abbiamo recentemente commentato.

È giunto il momento che il governo italiano dia precedenza finalmente dopo tantissimi anni di vuote promesse, al comparto difesa e sicurezza per dare il giusto valore all’impegno che tutti i giorni il personale dimostra verso il Paese, verso il cittadino mettendo a rischio la propria vita e la stabilità della propria famiglia.

BASTA STIPENDI AL LIMITE DELLA SOGLIA DI POVERTÀ

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